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Kolowaré, 16 Novembre 2015      

Questa mattina, scrive padre Silvano, uscendo dalla chiesa dopo la messa vedo, sotto la paillotte, tre persone che mi attendono, sedute sulle sedie di vimini. Quella al centro ha un portamento distinto, più anziana degli altri due. Una barbetta bianca, un copricapo, e uno scialle sopra il taffetano. Il giovane a destra indossa una tunica nera, e ha, nascosta fra le gambe, una bottiglia di un liquido color marrone. L’altro, in pantaloni e camicia.

Mi pare di averli già incontrati, ma non riconosco nessuno. E se fosse il sostituto del capo villaggio con un paio di notabili che vengono a darmi il benvenuto con una bottiglia di miele? Ma il sostituto lo conosco, ed è molto più giovane. Decisamente non sono di Kolowaré. Mi salutano con effusione, con larghi sorrisi. Ricambio con la stessa intensità. Poi si mettono a pregare, prima in kotokoli, poi in arabo. Una lunga litanie di invocazioni. Porto le mani alla fronte dopo ogni preghiera in segno di assenso. Aggiungo anch’io qualche invocazione in kotokoli. Alla fine si mettono a parlare. Mi sento allora un po’ perduto. Capisco quello che dicono, ma vorrei capire meglio, anche le sfumature e quello che appena accennano.

Chiamo il catechista Mathieu. Allora riconosco le persone. Un capo peul, di un villaggio vicino, con due suoi notabili. Ogni tanto passavo a trovarlo. Ero stato, anche un paio di anni fa con Silvana Bortoliero, del Novara Center. Aveva allora evocato il problema della scuola. Nel villaggio ci sono tanti bambini e devono frequentare nei villaggi vicini, mi diceva, ma senza andare oltre. Alcuni mesi fa ero passato a portargli un paio di palloni per i suoi ragazzi, e mi aveva dato alcuni rami di moringa, un albero dalle proprietà terapeutiche a largo spettro. Stamattina viene per un altro problema. Mi mostra la bottiglia, e non è miele, ma acqua: “ecco l’acqua che siamo costretti a bere, mi dice, puoi aiutarci?” La prendo, la metto in mezzo alla paillotte, e la contemplo: è l’acqua che bevono.  

Domenica prossima andrò a trovarli con Mathieu e vedremo cosa si potrà fare. Ieri mattina, domenica 15 novembre, era passato il parroco Jonas prima della messa per darmi il benvenuto. Era stato a Saziré, ed era la prima volta che andava; gli offrono due ciotole, una di birra di miglio, e l’altra di acqua. “No sapevo distinguere quale era la birra e quale era l’acqua, avevano tutte e due lo stesso colore. Ho chiesto: è questa l’acqua che mi date da bere? Non ne abbiamo altra, mi hanno risposto".

 

Ne ho discusso con Gaulé e Jean, i due agenti con cui lavoro da tempo, e che operano congiuntamente per le trivellazioni nei villaggi. Dicevano con fierezza che avevano appena terminato una trivellazione in un villaggio di Affossalacopé dove sono presenti i nostri padri: l’acqua scaturiva con un fiotto di 22 metri cubi, era alto come un albero! Ieri pomeriggio passa a trovarmi Kpona, il papà del bambino che mi aveva rubato i cellulari. Il ragazzo ora va a scuola. La Caritas gli ha pagato la retta e il materiale scolastico. Avevamo chiesto al papà di procurargli il certificato di nascita. Mi dice: “Devo fare il certificato di nascita per mio figlio, ma proprio non posso. E’ vero: adesso il bambino fa il bravo, mi aiuta, si prepara da mangiare, mi lava anche gli abiti, è proprio cambiato, ma non riesco a trovare i 5000 franchi – un po’ meno di dieci euro – per il certificato di nascita". Questa mattina Isabelle viene e mi porta 10 mila franchi per la Caritas, dagli oggetti religiosi e rosari venduti. Parliamo di Kpona: “Quei pochi soldi che guadagna li spende tutti nel bar di Babena, tutti lo vedono, è sempre là che beve, deve partecipare anche lui per l’atto di nascita, il figlio è suo, il resto lo daremo noi”.

 

P. Silvano Galli

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