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RICORDO DI UN AMICO - "Verso la metà degli anni ’70 c’era come consigliere all’Ambasciata d’Italia ad Abidjan Alberto Montecalvo con la moglie Lietta. La loro casa era diventata un cenacolo culturale, sia per gli italiani di Abidjan sia per gli amici ivoriani. Scendevo anch'io, a volte, da Koun Abronso per alcuni incontri sulle tradizioni orali e le feste tradizionali any-bona. Ed è ad Abidjan che ho incontrato Attilio e la moglie Mila. Attilio era uno dei frequentatori di casa Montecalvo dove, come in altre sedi, era lui ad animare gli incontri e promuovere una conoscenza alternativa, non scontata, più serena e più vera dell'Africa: non sempre e unicamente in chiave di problemi: lui proponeva cultura. Attilio non era solo il brillante giornalista che scrivera su riviste e giornali internazionali réportages sull'attualità africana. Egli era un antropologo, uno studioso delle realtà africane: un appassionata che cercava di trasmettere il suo interesse, il suo amore, la sua passione per l'Africa. Ne sono testimoni le numerose opere della sua bibliografia.

Aveva una predilezione per una parte specifica dell'Africa: il deserto. E' stata la sua sensibilità, la sua intuizione di studioso che lo ha portato a perlustrare e ad esplorare anche le zone più impervie, più remote, meno note al grande pubblico, alla ricerca di manoscritti "sepolti nella sabbia". Nel suo lavoro non metteva in conto difficoltà, fatiche, disagi di ogni genere. E così poco alla volta venivano alla luce tesori nascosti: migliaia di manoscritti (...). Il quaderno ripercorre questi suoi viaggi e scoperte o riscoperte: templi sacri del sapere, centri di cultura, ritrovamento di codici e manoscritti e ricostruisce, a grandi linee, la genesi e la storia degli eventi e l'importanza che questo ritrovamento rappresenta per la cultura mondiale (...).