SCRIVERE NELLA SABBIA

Le antiche biblioteche del deserto

Nell’autunno 2008 l’associazione Argo, in collaborazione con il Museo Popoli e Culture del Pime, (Pontificio Istituto Missioni Estere),  ha allestito a Milano una mostra sui manoscritti del Sahara e organizzato un ciclo di cinque conferenze di approfondimento.  La mostra è rimasta aperta dal 12 novembre 2008 a metà gennaio 2009. Il logo, modificato per l’occasione , evoca, insieme al viaggio di Ulisse, le civiltà del libro che attraversano il Mediterraneo.

Il direttore del Museo, padre Massimo Casaro, ha presentato l’evento con queste parole.

 

Il Mediterraneo non è solo un mare. Il “nostro” mare. E’ uno spazio aperto in cui si sono incontrate e s’incontrano antiche civiltà. Mai totalmente straniere e mai pienamente riconosciute. A questo mondo, in particolare a quell’ampia striscia di terra che va sotto il nome di Sahara e di Sahel, il Museo Popoli e Culture dedica una mostra intitolata Scrivere nella Sabbia. Le antiche biblioteche del deserto.

 

Protagonista della mostra è il Sahara, grande mare di sabbia che fa da ponte tra Sahel e Africa Nera e il bacino del Mediterraneo, testimone non solo di conflitti, ma anche di intensi scambi culturali e commerciali. L’occasione per rinnovare la memoria di questa koiné culturale e umana è legata al lavoro di antropologo, giornalista e scrittore  Attilio Gaudio, che ha dedicato gran parte della sua attività e del suo impegno personale alla promozione di tutela e conservazione degli antichi manoscritti arabi e berberi.

 

I manoscritti, attualmente conservati in biblioteche pubbliche e private di alcuni Paesi dell’area sahariana e saheliana, sono opera di letterati, giuristi, poeti, filosofi, mercanti e scienziati del passato.  Testimoniano la vivace attività culturale,  caratteristica di mederse, zaouie e moschee delle antiche città sahariane, punti nodali nel fitto intreccio delle vie carovaniere soprattutto in età medievale, quando la cultura arabo-islamica del Nord Africa esercitò un indubbio influsso sull’Europa.  La riscoperta di comuni radici permette, quindi, di modificare in positivo l’immagine dell’altro. Pur non offrendo rapide soluzioni ai complessi problemi di convivenza che ogni giorno devono essere affrontati, la conoscenza promuove stili di comportamento e motivi di fiducia. Rappresenta, dunque, un antidoto efficace alla sempre incombente barbarie alla quale ci espone il sonno della ragione e la perdita della memoria storica.

 

Questa esposizione parla, dunque, di un prezioso “deposito” culturale, dimenticato fra le dune del deserto e recentemente riscoperto grazie ai ritrovamenti di decine di migliaia di preziosi manoscritti antichi, che le popolazioni del Sahara e del Sahel vorrebbero consegnare, come loro peculiare contributo, alla memoria viva di tutta l’Umanità.

 

Alcune fotografie  illustrano l’evento, mentre la maggior parte dei pannelli è stata realizzata per la seconda mostra sui manoscritti (dopo la prima al Museo di Storia Naturale di Milano, nel 1998) realizzata a Cuneo nel 2001, con la direzione di Attilio Gaudio e a cura di Monica e Donato Cianchini, dell’associazione culturale Itinerari Africani.

Conferenza del prof. Sassetti sul libro, la carta e le biblioteche islamiche

 

Due “quaderni” del Museo Popoli e Culture hanno puntualizzato i principali argomenti della mostra e delle conferenze. Ne Il libro e le biblioteche islamiche, il prof. Sassetti approfondisce il discorso sui manoscritti, inserendolo nella storia del bacino del Mediterraneo. La carta e la tecnologia del manoscritto costituiscono, per tutto il Medioevo e l’Età moderna, un momento di integrazione culturale tra le due sponde del Mare Nostrum, favorendo gli scambi di ogni genere tra  l’occidente cristiano e il mondo arabo e islamico, entrambi “civiltà del libro”.

 

Nel quaderno  Scrivere nella sabbia - Antiche biblioteche del deserto Mila Crespi Gaudio riprende alcuni lavori di Attilio Gaudio sui manoscritti e le biblioteche del deserto, e inizia con le parole del defunto presidente-poeta del Senegal, Léopold Sédar Senghor, in un'intervista concessa a Dakar ad Attilio Gaudio:

"Il Sahara è un oceano di sabbia che i mercanti e gli esploratori seppero attraversare molto prima dei mari. Quest'immensa estensione di rocce e di sabbia che dall'Atlantico al Mar Rosso appare come un'invalicabile barriera tra il Mediterraneo e l'Africa Nera, in verità è stata per due millenni un trait d'union indissolubile tra popoli di culture diverse e distanti che comunicavano lungo le piste carovaniere. Lei conosce, come tutti noi, il monito del grande filosofo e letterato peul Amadou Hampaté Ba: in Africa, quando un vecchio muore, è una biblioteca che brucia. Io aggiungo che quando a Chinguetti o a Timbuctù una biblioteca brucia o si disperde, è la memoria di mille vecchi che scompare".

 

In effetti dieci secoli di storia e di cultura delle popolazioni del Sahara e del Sahel sono stati dimenticati fra le dune fino ai recenti ritrovamenti di decine di migliaia di manoscritti antichi nelle zaouia (scuole religiose), negli scantinati delle moschee, sotto le tende nomadi e presso le famiglie borghesi delle città del Marocco sahariano, della Mauritania, del Mali e del Niger. Tale patrimonio dell'umanità non è mai stato completamente catalogato, studiato e tanto meno restaurato. Ecco perché la sua perdita potrebbe rivelarsi disastrosa per il mondo islamico.

 

In questi ultimi anni alcuni governi, missioni scientifiche occidentali, università e l’Unesco hanno intrapreso quest’opera di salvataggio, ma troppe testimonianze del percorso storico e intellettuale del Sahara rimangono ancora sotto chiave, e molti bauli di cuoio o di legno ricolmi di tesori cartacei non sono ancora stati violati. Nel 2007 l’Università di Siena, insieme alla Fondazione Nahda (che riunisce i proprietari di manoscritti) e in collaborazione con altri enti, ha pubblicato un catalogo, in arabo e in francese, dei manoscritti della biblioteca Habott. Curato da Carmela Baffoni, arabista dell’Università di Napoli “L’Orientale”, questo lavoro si inserisce in un progetto più vasto, il programma “Mediterraneo e Oriente. Lingua, cultura e religioni” per la salvaguardia e il recupero alla lettura dei manoscritti delle popolazioni nomadi, raccolti nelle biblioteche private delle città del deserto.

 

Ould Habott, scrive Attilio Gaudio, mi ha spiegato che conosce tutti i suoi libri e che sono loro i suoi amici più intimi. "Vede – mi ha detto – da qualche anno la mia casa è diventata un piccolo ateneo internazionale. Arrivano da tutta la Mauritania, ma anche da paesi lontani come la Siria o l'Arabia Saudita, per consultare le opere. In Medio-Oriente sanno che conservo degli esemplari rarissimi, spesso unici, e che nessuno di essi uscirà mai da Chinguetti. E' un impegno solenne che ho assunto con uno dei miei nonni. Le dico solo che possediamo un commentario del Corano di millenni fa, unico al mondo. Chi vuole leggerlo nella sua interezza deve per forza attraversare il Sahara, come i pellegrini che nel Medioevo portavano dall'Oriente i testi più famosi della cultura islamica per farceli ricopiare".  E ha aggiunto: "Penso che capirà perché noi di Chinguetti, come gli abitanti di Ouadane e di Tichitt, rifiutiamo qualsiasi proposta degli stranieri che smaniano per portarsi via un esemplare autentico. All’imam di Ouadane, povero e malato, un americano ha messo in mano diecimila dollari per il manoscritto di un calligrafo andaluso del Trecento. La risposta è stata: Tieni i tuoi dollari che non potranno mai comperare la ricchezza dei miei libri".

 

L’ultimo lavoro di Attilio Gaudio, in giugno 2002, è dedicato all’antica biblioteca berbera riscoperta in Algeria, a Béjaja, la Bugia del Medioevo.

 

Logo gentilmente elaborato dal grafico M. De Martino

 

 

 

Oggetti di cuoio di uso quotidiano

 

 

 

Manoscritti di proprietà di Marco Sassetti

 

Gioielli, armi, oggetti etnografici di proprietà della famiglia Gaudio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Carta delle principali località in cui si trovano le biblioteche del deserto (Attilio Gaudio: Les bibliothèques du désert, L'Harmattan 2002)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Legenda della carta

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fotografie di Alessandro Tibaldi

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