CANARIE: Hierro, Gaudio e Cubillo

13 dicembre 2011

 

Antonio Cubillo, giornalista e avvocato a Tenerife, grande vecchio amico di Attilio Gaudio, lo ricorda spesso nelle sue pubblicazioni, anche perché alle Canarie molti lo hanno conosciuto fin da quando, giovane esploratore, visitò nel lontano 1958 le sette isole e scrisse Epiques et douces Canaries (ed. René Juillard), iniziando il libro con l’epopea guanche.

Nel suo ultimo articolo, pubblicato su El Día (sezione Canarias) il 12 dicembre 2011, Cubillo scrive che, dopo aver inviato al suo giornale un articolo sull’isola di Hierro, ha voluto riprendere la lettura del libro di Gaudio Odyssée de l’Homme en marche. Voyage anthropologique: “… Attilio Gaudio, dottore in lettere e scienze umane, presidente del CIRSS a Parigi, è stato tra i partigiani più giovani durante la resistenza italiana contro il fascismo e i nazisti, e oratore quindicenne in occasione della liberazione di Milano nel 1945. Cominciò i suoi primi lavori di etnografia e preistoria con un libro sulle origini del Guanches. Da allora, tutti i suoi scritti politici e scientifici sull’argomento difendono l’indipendenza delle Canarie...”

 

Ecco una breve sintesi libera dell’articolo:

 

Gaudio ha conosciuto il grande sahariano Théodore Monod, che per settant’anni percorse il Sahara, e lasciò scritto: “Il deserto è la terra qual era prima dell’uomo, e quale potrebbe diventare in seguito se l’uomo sparirà”. La sua ultima spedizione scientifica fu nel deserto libico-egiziano nel 1993 (pagina 149 del libro di Gaudio), quando trovò il “cristallo libico”, una roccia silicea più o meno trasparente e brillante, a volte gialla o verde, di venticinque milioni di anni (Miocene), di origine sconosciuta, forse il risultato della fusione di una roccia preesistente per la caduta di un meteorite e una cometa. Nel suo interno, i resti di un organismo microscopico misterioso, il che esclude la sua origine magmatica.

In questa scoperta sta il collegamento con l’isola El Hierro, soprannominata Isla del Meridiano, la più piccola, la più giovane e la più sud-occidentale di tutto l'arcipelago, che fu conquistata da Jean de Béthencourt nel 1402. Il nome non deriva dal ferro, assente in tutta l’isola, ma da una deformazione di qualcosa che nel linguaggio degli antichi abitanti (i Bimbache, di origine africana) suonava pressappoco come “Hero”. Nel 2.000 El Hierro è stata dichiarata Riserva Mondiale della Biosfera dall’Unesco, che ha voluto in tal modo rilevare l’esigenza di preservare un sito per molti aspetti unico, con molte specie endemiche. Così troviamo la Muraena augusti, tipica di quest’area, e l’anguilla leopardo (Myrichthys pardalis) che vive solo alle Canarie e nell’isola vulcanica di Annobòn (Guinea Equatoriale). Un simbolo di El Hierro è la lucertola gigante (Gallotia simonyi), che in passato misurava un metro e mezzo e si pensava fosse estinta; è ricomparsa nel 1975 con alcuni esemplari di taglia nana (60 cm). Nel ginepraio della punta occidentale i tronchi secolari del Ginepro fenicio (Juniperus phoenicea) sono modellati dagli alisei che soffiano da oriente, e provocano risalita di acqua profonda da ovest, ricca di nutrienti ma fredda. Anche la corrente fredda delle Canarie, ramo terminale discendente della corrente del Golfo (eventualmente bilanciata dalla controcorrente calda delle Canarie), non favorisce le specie marine termofile.

 

La storia geologica di El Hierro inizia 100 milioni di anni fa, quando il magma fuoriuscito dalla dorsale medio-atlantica superò il livello del mare formando un’imponente piramide a base triangolare, coronata da un vulcano alto oltre 2000 metri sul livello del mare. Le crepe iniziali si trasformarono in tre fiumi di magma, creando altrettante  cordigliere dorsali su cui si allineano numerosi coni vulcanici. Raffreddandosi, si solidificò formando gigantesche colonne basaltiche.

Cinquantamila anni fa, un’ importante porzione dell’isola (300 km cubi di terra e roccia) si staccò e franò in mare, forse per un terremoto, lasciando al lato nord-ovest dell’isola un grande anfiteatro, la valle di El Golfo, e sollevando un’onda di tsunami alta un centinaio di metri. L’isola presenta la maggiore densità di vulcani delle Canarie, con più di 500 coni a cielo aperto e altri 300 coperti da colate successive. Sono passati più di duecento anni dall'ultima eruzione a El Hierro (durata un mese, risale al 1793), mentre l’ultimo vulcano a svegliarsi nelle Canarie è stato quello di La Palma nel 1971.

 

Ma ecco che in marzo 2011 iniziano scosse di terremoto, che si intensificano in luglio (ben 720).  In settembre, l’isola rimane interessata da uno sciame sismico di bassa intensità, a causa di una possibile imminente eruzione del vulcano. In ottobre il governo regionale delle Isole Canarie inizia ad evacuare la piccola città di La Restinga,  e alza il livello di allarme, data l’evidente eruzione di un vulcano sottomarino vicino alla costa: il magma color marrone scuro viene eruttato da un cratere a circa 70 metri di profondità, e forma getti e pennacchi esplosivi che si innalzano fino a venti metri in cielo. Sembra che stia per emergere una nuova isola, intorno alla quale la temperatura del mare raggiunge a volte i 35°C.

L’ipocentro dei terremoti è profondo 17 km, e l’intensità di magnitudine 4,3/4,4. In quattro mesi, si sono contati oltre 10.000 fenomeni sismici.  Anche se la situazione sembra ora stabilizzarsi, rimane il rischio dell’attività vulcanica. Si tratta di circa 115 tonnellate al giorno di materiale (contro un’attività normale di 345 tonnellate). Il magma (di cui i due terzi provengono dalle profondità sottomarine), solidifica formando lava a cuscini, tipica di un’eruzione effusiva. Tuttavia da qualche tempo una delle bocche sottomarine erutta pezzi di lava che risalgono e flottano in mare. A questo proposito Cubillo osserva che queste restingolitas sono scure esternamente e bianche all’interno, di forma generalmente globulare, con qualche irregolarità, del diametro di 15-20 centimetri. Sembra si tratti per lo più di pomice,  roccia magmatica effusiva comune, leggerissima per l'elevatissima porosità. Ma si discute sulla sua genesi; infatti i frammenti bianchi come la neve o grigiastri sono più ricchi in silicati, diversamente da una roccia basaltica. La loro presenza è stata registrata la prima volta a metà ottobre 2011, cinque giorni dopo l’eruzione di vetro vulcanico marrone scuro trasparente, di composizione basaltica, chiamato sideromelana (palagonite). In ambiente subacqueo, l’interazione rapida con il magma genera delle ialoclastiti, depositi di lava frantumata trasparente o nera che contiene piccoli cristalli di magnetite (ossido di ferro).

Per gli scienziati delle Canarie, il vero problema sta nel fatto che l’analisi e la ricerca sono ora affidate in esclusiva all’Instituto Geográfico Nacional, e non all’Istituto Volcanológico de Canarias, come sarebbe più logico. Infatti l’arcipelago delle Canarie costituisce un ecosistema particolare, vicino alle coste africane, da dove giunsero senza dubbio i primi abitanti, e la sua popolazione rivendica da anni l’indipendenza politica ed economica dal governo centrale della Spagna.

 

Per tornare alle restingolitas, Cubillo pensa al cristallo libico di Monod, che contiene una grande quantità di iridio (metallo associato all’impatto meteoritico), e lo associa ai cristalli bianchi di Icod nell’isola di Tenerife, a certi diapiri salini, a scaglie di ossidiana rossa e cristalli trasparenti trovati nell'arcipelago. E si chiede se non ci potrebbero essere, nelle profondità oceaniche, da milioni di anni, i resti di una cometa o di un meteorite, che avrebbero provocato una fusione nel mantello terrestre; ed ora alcuni frammenti di restingolita risalgono in superficie. La scienza getterà forse una nuova luce sulla nascita traumatica dell’immenso deserto sahariano, che si estende in gran parte dell’Africa del Nord comprendendo anche le Canarie. Del resto, se alcuni geologi parlano di diagenesi, camere magmatiche, ultrafusione, fenomeni idrotermali, cambiamenti climatici, altri ipotizzano un’origine extraterrestre per i grandi cambiamenti planetari.

 

E Cubillo conclude con la duplice speranza che la ricerca sia affidata agli studiosi delle Canarie e agli stranieri animati da spirito scientifico e non da mire politiche, e che il governo canario non faccia come il generale spagnolo Gutiérrez nel 1793 quando, informato sul pericolo sismico e vulcanico dell’isola, si limitò a dire: “Non ho dubbi che le sante esortazioni del venerabile parroco disporranno gli animi dei suoi vicini a rassegnarsi alla volontà di Dio”.

 

M.C.G.

 

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Gaudio e Cubillo davanti al vulcano Teide, isola di Tenerife, capodanno 1992

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'arcipelago della Canarie, al largo della coste del Sahara

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'estremità occidentale di El Hierro fu per molto tempo considerata dagli Europei la fine del mondo conosciuto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(fonte: sito meteoweb.eu)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(fonte sito meteoweb.eu)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(foto da elicottero della Guardia Civìl delle Canarie)

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