E’ stato pubblicato, in ottobre 2009, il libro di Attilio Gaudio:

“UOMINI BLU

Il dramma dei Tuareg tra storia e futuro” a cura dell’Associazione Transafrica di Firenze.

Si tratta della copia anastatica del libro edito nel 1993, con i tipi delle Edizioni Cultura della Pace, ormai introvabile, ma richiesto continuamente dall’Italia e dall’estero. Come allora, il ricavato sarà finalizzato al finanziamento dei progetti di cooperazione internazionale perseguiti da Transafrica.

Il libro è anche un omaggio al suo autore, morto nel 2002. Dopo le città storiche del Sahara da salvare, Gaudio aveva ripreso la sua lotta in favore degli antichi manoscritti del deserto, senza dimenticare i suoi abitanti, e in particolare il popolo dei Tuareg.

Sono i discendenti dei Garamanti, che hanno abitato fin dal primo millennio a.C. il Fezzan libico, l’Hoggar, parte del Mali e del Niger. La loro patria è il deserto, ma il deserto senza frontiere, scrive Gaudio nella presentazione dell’edizione italiana del libro di Mano Dayak (Tuareg, la tragedia – 1°ediz. 1995, 2°ediz. 2006, EMI, Bologna), uno dei principali responsabili della rivolta tuareg degli anni 1990 contro la politica di emarginazione o di assimilazione forzata dei governi nigerino e maliano, contro le frontiere imposte dai colonizzatori, contro il pericolo di genocidio. Ne segue un’ondata di repressioni, l’organizzazione della lotta armata, con quattro movimenti partigiani in Mali e tre in Niger. Infine tutte le frange politico-militari tuareg proclamano Mano Dayak presidente del Coordinamento della Resistenza Armata (CRA), che nel gennaio 1995 concorda con il governo di Niamey la creazione di una commissione di riflessione in vista di una ripartizione amministrativa del paese.

Ma Dayak morirà il 15 dicembre 1995: l’aereo che doveva trasportarlo per un incontro con il presidente nigerino Ousmane si schianta dopo il decollo. Tragica fatalità o sabotaggio? In ogni modo l’incidente ha contribuito a creare la leggenda di questo tuareg “nato con la sabbia negli occhi”che si sente deportato in quello stesso deserto di cui era l’unico signore.

Nel Sahara rimangono preziose tracce di civiltà scomparse, dalle incisioni e pitture rupestri  preistoriche alle rovine di città medievali e alle migliaia di manoscritti, che appartengono a un periodo che va dall’anno Mille all’inizio dell’era coloniale.

Gli itinerari delle carovane hanno fatto sorgere empori, città, moschee, cultura. Oggi il nomadismo pastorale è in via di estinzione, poiché l’economia moderna ha portato enormi cambiamenti: estensione delle oasi, sviluppo delle zone minerarie, urbanizzazione, sedentarizzazione forzata, scomparsa delle tradizioni, scompiglio dei commerci tradizionali. La siccità, la scomparsa dei pascoli, la sabbia, i conflitti hanno fatto il resto. La tenda è diventata inutile, anacronistica, e precario il valore delle poche mandrie decimate e scheletriche. La costruzione della strada transahariana ha sostituito con i trasporti meccanizzati quelli lenti e romantici dei cammelli. L’individualismo solitario dei guerrieri d’Antinea viene soffocato.

In compenso, il frazionamento del popolo tuareg nei vari stati di recente indipendenza ha fatto nascere una coscienza politica, e favorito la diffusione della lingua tamasheq e della sua scrittura, il tifinagh. Molti giovani sono stati scolarizzati, alcuni frequentano le università locali, altri quelle europee. Il futuro avanza. Ma rimane un dramma, anche se, forse, non è più una tragedia.

L’Associazione Transafrica chiude le sue “Note sulla ribellione tuareg nel  nord del Mali 2006/2009”(ottobre 2009) con alcune notizie positive per la risoluzione  del conflitto. Il 20 settembre 2009, la fine dei combattimenti tra ribelli tuareg ed esercito maliano ha portato alla revisione della classificazione del nord del paese: da zona rossa a zona verde per l’ONU, e da livello 3 a livello 2 per i partner europei allo sviluppo. Una buona notizia per i finanziatori di progetti e le ONG, che potranno finalmente  operare in regione.

Il 6 ottobre 2009, nel sud della Libia, a Oubary, si è tenuta una cerimonia simbolica di disarmo di ex ribelli tuareg, alla presenza di autorità nigerine e mediatori libici. Hanno partecipato Aghali Alambo ex presidente del MNJ (Movimento Nigerino per la Giustizia) e lo stesso Bahanga, capo ribelle dell’ATNMC (Alleanza Tuareg Nord Mali per il Cambiamento).  Viene deciso, per il 10 ottobre a Niamey, l’inizio dei colloqui di pace tra movimenti tuareg nigerini e governo.

Ma il 14 ottobre, un comunicato dell’ATNMC smentisce che la presenza di Bahanga alla cerimonia di Oubary significhi la deposizione delle armi da parte del movimento ribelle maliano, e che la riconciliazione sarà possibile solo quando il governo maliano aprirà un negoziato politico con l’ATNMC stessa, ritenendolo responsabile, in caso contrario, della ripresa della lotta armata.

             

La cittadina di Oubary, quando mi sono fermata il 19 ottobre scorso andando verso sud da Tripoli, era in festa per i quarant’anni di Gheddafi al potere. E, parlando con alcuni abitanti, mi è stato in effetti riferito che pochi giorni prima si erano qui radunati, insieme al presidente libico, molti personaggi politici dei paesi confinanti e i capi tuareg.

 

 

Tuareg tra passato e futuro

 

Gaudio con i Tuareg del campo profughi del Burkina (1993)

Attilio Gaudio al Congresso di Trento (5° Colloquio Euroafricano del CIRSS, 17-19 settembre 1993, sui Tuareg e i problemi delle popolazioni nomadi e pastorali del Sahara e del Sahel) con un importante rappresentante dei Tuareg del Mali.

Oubary in festa per i 40 anni di Gheddafi al potere

Attilio Gaudio con la sua guida tuareg: bivacco nell’Adrar degli Ifoghas (1985)

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